Mentre in America infuria il dibattito tra fascisti armati e fascisti liberali, a casa mia sono arrivati il riso nuovo e un tre chili di arachidi ancora durissime ma da aprire che sennò muffiscono. Io, che sono una persona con degli impegni e delle deadline imprescindibili ho fatto il possibile per sottrarmi a questi compiti bassi e servili, ma a punirmi è stata come sempre la dura verga della malattia, che da anni mi perseguita e mi fa passare da svogliato e da perdigiorno. L'altro giorno pertanto, ancora convalescente e inidoneo all'attività lavorativa vera e propria, ho passato diverse ore a sbucciare queste noccioline, noccioline che tra l'altro avevo raccolto, lavato e messo a seccare di mano mia1 sotto la severa supervisione di Junya-san e del suo mini-sgabello con le rotelle che cigolano2.
Io, come dicevo poco fa, mi ammalo spesso, perché come tutti i grandissimi della storia dell'intelletto sono di salute cagionevole e ho pochissimo slancio vitale, e ogni volta che un virus anche di poco conto si presenta alle porte di questo tempio d'acciaio, a questo viluppo di muscoli e sugna che insomma poi modestamente sarei io, ecco che subito ci sono tre o quattro teste di cazzo, mi si permetta la volgarità, che dal mio sistema di difese immunitarie intergalattiche gli dicono entra entra, divertiti, tanto qui tra un po' chiudiamo tutto nemmeno fossi una copia di Windows 95 installata in casa a un ingegnere cinquantenne, e io finisco a fare i bagni di sudore sul futon ripassando i mille nomi della Madonna.
In Giappone la malattia non è proprio vista di buon occhio, e tutti si immaginano che io, proprio io che pure con questo popolo condivido l'attitudine al sacrificio e il disprezzo della fatica, sia l'ennesimo gaijin venuto qui con la sola intenzione di leggere dei gran fumetti e sfuggire agli impegni e al vincolo della parola data, dunque che finga dei mal di pancia e delle frescate per tutelare i miei biechi e subdoli interessi, tanto che anche mia moglie, che pure mi vede sudare sette camicie tutto involticciolato di coperte e polverone, che sente la mia bella voce di baritono trasformarsi in un bootleg dei Napalm Death, che insomma assiste alla mia temporanea disfatta contro il virus del raffreddore, ecco, anche mia moglie non riesce a non guardarmi con disprezzo e a non pensare che è tutta una finta per evitare di lavare i piatti, anche se poi alla fine si preoccupa e mi dice riposati che sei debole.
Da malati pensare lucidamente è ancora più difficile del solito, e per questo motivo è di vitale importanza trovare una attività alla quale dedicarsi che ci aiuti a dimenticare il trascorrere di questo tempo inutile fatto di mal di testa e brividi in maniera efficace e, almeno in parte, godibile3.
Io credo di aver trovato una soluzione definitiva a questo problema in Football Manager 2008 e nelle sue infinite tabelle di punteggi e stipendi, capaci di sedare anche lo spirito più inquieto e utilissime per imparare a memoria in brevissimo tempo la statura, la media gol e la data di nascita della rosa della Fiorentina del 20074. Questo toccasana per lo spirito, che raccomando a tutti, indipendentemente dalla loro passione per il gioco del calcio, mi è oggi reso inaccessibile da quel senso di colpa endemico negli abitanti del Giappone, tanto indigeni che di importazione, che al contrario mi spinge a utilizzare quel poco di energie che mi rimangono mentre la malattia mi scombussola e mi istupidisce in compiti privi di senso come ad esempio il respirare più a garbo e il sudare meglio.
Non avendo a disposizione il mio strumento di distrazione preferito, mi trovo costretto a sonnecchiare ascoltando documentari sulla storia della farina integrale e sull'evoluzione dei piattoni, e inevitabilmente finisco a pensare ai fascisti, e nello specifico alle cose che dicono i fascisti, come per esempio
E insomma tu vorresti dire che io non posso...
solitamente seguita da cose che chiunque non fosse mosso unicamente dal dispetto e dalla piccineria non riuscirebbe nemmeno a immaginare senza ingoiarsi la lingua, oppure
Ah si, e perché invece loro...
come a insistere sulla propria incapacità di ammettere le proprie colpe e i propri difetti, giustificandola peraltro solitamente con l'imperdonabile esistenza dei negri o, in assenza di negri5, dei poveri e dei rotti nel culo.
Questa cosa del pensare ai fascisti credo che venga da certi pranzi lunghissimi passati da bambino circondato, appunto, da uno stuolo di fascisti, i miei numerosissimi parenti fascisti, e dalle loro chiacchiere fasciste, che perlopiù vertevano sul terrore della minaccia comunista, sul desiderio di lanciare dei missili Scud contro i cantieri della COOP Reno, e soprattuto sui soldi, su come spenderli, come accumularli e infine su come salvarli dal rosso maelstrom delle tasse.
Io sono sicuro, in tutti questi pranzi, di non aver mai sentito una sola cosa che non fosse bastante, in sé e per sé, a far cagliare il sangue nelle vene anche al più sordido degli Alvaro Vitali, e credo che i lati migliori della mia persona6 trovino appunto la propria origine in queste serene occasioni di chiacchiera e di convivio. Il ricordo del caro zio germofobo che mangiava schiacciata e caffellatte prima di coricarsi accompagnato dai discorsi del duce, fedelmente riprodotti nel massimo rispetto della privacy ideologica dal suo Walkman di primissima generazione; quello del cugino omosessuale7 che appena uscito dalla terza elementare mi introduceva al problema del regime della sinistra e di Baffino mentre andavamo a nascondere un papero appena nato e trovato nei campi da qualche parte in casa dei nonni8, mossi esclusivamente da intenti umanitari9 e dall'amore per la natura; le giornate d'inverno passate a costruire trenini sulle scale per poi riposarsi leggendo le ultime copie del Borghese o quell'edizione nascosta del Delta di Venere tenuta proprio di fianco ai pornazzi; e così avanti, AVANTI!, fino al biglietto d'auguri per la prima comunione con scritto Ad Maiora! e avvolto nel porpora della cinquantamilalire, e l'arrivo della Lega, le partite a briscola con i quiz di Umberto Smaila in sottofondo, e eccetera, eccetera.
Rifarsi la bocca è importante, e l'altro giorno ho fatto tre chili buoni di marmellata di nashi10. Ora che mi sento un po' meglio vado di là, faccio vedere a mia moglie il pupparolo, molle e grinzoso per la malattia, e una volta schivata la ciabatta-shuriken che mi merito di dover schivare, mi dedico a esplorare i mondi proibiti del pane11, delle pere giapponesi e del burro d'arachidi.