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Campeggi

Maleducazione

Approfittando di una pausa lavorativa non retribuita concessami dagli onnipotenti negrieri della rete, io e Juri siamo saliti sulla nostra autovettura privata e ci siamo lanciati all'avventura, solcando impavidi le strette vie del Giappone meridionale a velocitá vicine a quella del suono1.

Dal momento che i miei salari da tecnico delle scienze sono cosa piuttosto recente e comunque nulla di che, al momento della definizione delle modalitá esplorative delle penisole Kagoshimesi abbiamo optato per l’opzione che piú si confá alla nostra condizione2, vale a dire il campeggio gratuito in mezzo alla natura. D’altra parte siamo gente semplice, abituata a dormire per terra e senza grosse pretese, e per quanto riguarda i lussi ci contentiamo di farci il caffé con gli occhi cisposi alla mattina sul fornelletto. Non che ci sia poi da lamentarsi: in Giappone i campeggi pubblici sono tenuti meglio dei Giardini di Boboli3 e durante la settimana non ci si trova quasi nessuno, al massimo un motociclista di passaggio con la sua tenda monopersona e il micro-equipaggiamento da sbarco lunare. Il resto della civiltá, per chi ancora non lo avesse capito, é troppo impegnato a fatturare e a cercare parcheggio allo AEON4 piú vicino.

Il campeggio, tuttavia, rappresenta un luogo non ben definito per quanto riguarda le regole di condotta della vita Giapponese, e in questo heideggeriano essere gettati nella radura dell’indefinito la popolazione locale tende a perdere il necessario contatto con il rigido e strettamente codificato civismo che la accompagna altrimenti nella vita di tutti i giorni. Il concetto di tenda, ad esempio, luogo ad un tempo pubblico e privato, mi ha dato occasione di constatare come una volta levato il pesante manto delle regole dalle spalle del popolino l’imbecillitá individuale torni a mostrarsi per quello che é, una costante di carattere sovranazionale, se non addirittura universale. Si prendano i motociclisti di cui sopra: questi, che al calar del sole nonostante le migliori intenzioni iniziano a soffrire della propria coolness solitaria, invece di ragionevolmente scamosciarsi dalle seghe in attesa del ritorno alla civiltá si lasciano andare a lunghe e apparentemente esilaranti telefonate coi loro cumpa metropolitani, privando me della meritata quiete e costringendomi a vestire i panni di una non meglio definita ma senz’altro vacante figura di autoritá, dunque ad uscire in riva al mare in pigiama e mascherina da notte al fine di ristabilire l’ordine sociale al grido5 di oh hai rotto il cazzo e ricevere i silenziosi applausi di un pubblico troppo timorato degli eventi per farsi, alla bisogna, giustizia da sè.

Ancora maleducazione

Ricordo che nelle precedenti puntate delle mie avventure escursionistiche, risalenti alla stagione di villeggiatura 2000/2001, io e il mio compagno di viaggio decidemmo quasi subitaneamente che le docce dei campeggi erano troppo fredde per la nostra costituzione di studiosi6 e prendemmo la buona abitudine di lavarci sono quando strettamente necessario, vale a dire una volta a settimana7. Un orientamento cosí pratico non é tuttavia proponibile quando si sia in compagnia della propria sposa, special modo laddove questa sia e Giapponese e amante dei bagni e allergica alle bestie. Per questo motivo, la nostra décade in tendopoli é stata caratterizzata da quotidiane visite ai bagni termali, ogni volta in un posto nuovo ma sempre secondo la formula

  1. doccia

  2. bagno caldo

  3. sauna

  4. bagno freddo

  5. bagno caldo

  6. doccia

comandata dalle autoritá sanitarie del posto e che anche io, nonostante la mia posizione ideologica di odiatore del comfort8, ho iniziato ben presto ad apprezzare per il suo effetto rilassante e gastropropulsivo.

Unica nota stonata di questo itineriario giapponese del guazzetto9, gli sguardi insistenti dei popolani ignoranti e beceri, scioccati dalla presenza nelle proprie acque termali di un gigante straniero, di buone maniere e tutto sommato in forma, tutto il contrario insomma delle fantasie indigene di un gaikoku10 alieno alle pratiche locali e abitato unicamente dagli stereotipici americani grassi11.

Contro ogni stereotipo: maleducazione accesa anche di giorno. Ma é tutto oro quel che luccica?

Mi capita spesso di discutere con mia moglie concetti astratti come quelli di variabilitá della media e della curva di Bell, pur essendo cosciente della vanitá dei miei sforzi divulgatóri. Non é mica che mia moglie sia scema, al contrario: semplicemente, come ogni Giapponese che si rispetti, é un po’ aliena al concetto, anche se in altri campi mi batte punto su punto, come quando si tratta di analisi delle geometrie, tetris o movimenti nello spazio. Va poi anche detto che mia moglie, in netta opposizione al carattere nazionale Giapponese, é assolutamente diretta12, oltre che occasionalmente maldestra, nell’espressione delle proprie idee, e in virtú della mia manifesta inferioritá nel dominio dello spazio tridimensionale mi affibbia dei soprannomi affettuosi come mongo, ojiichan13, eccetera. Ma il punto era un altro, vale a dire quello del concetto di media affiancato a quello della curva di Bell, che mia moglie si ostina a non voler assimilare puntando di volta in volta il dito sui casi individuali e traendone generalizzazioni a coperta il piú delle volte severissime e in ogni caso e senza dubbio tremendamente fuori luogo.

Uno di questi casi é quello, sfortunatissimo, della occasionale, direi quasi rarefatta, presenza di rifiuti abbandonati nelle localitá che andiamo a visitare, che per Juri diventa immediatamente il segno del declino ormai inarrestabile dei valori di una civiltá ormai alle prese con la barbarie, che lei, con il compagno Jong-un, punirebbe senza esitazione col passaggio per la spada o per il piombo degli sciagurati responsabili. Pur trovandomi in linea di massima d’accordo con i metodi di questo giustizialismo sommario14, ritengo che mia moglie stia, come al solito, esagerando, e che la popolazione locale si comporti tutto sommato non male, anche se queste cose del parlare al telefono la notte e del fissarmi ovunque vada continuo a trovarle piuttosto fastidiose.

Erezioni, perchè ho fatto menzione di Kim Jong-un

I Giapponesi, Dio gliene voglia, hanno una certa difficoltá con le consonanti liquide, per cui parlare di elezioni puó risultare ancor piú rischioso di quanto possa immaginare il lettore straniero e non iniziato ai misteri della linguistica15.

Proprio a causa della locale ed anti-hegeliana intolleranza al concetto, mia moglie ha sempre avuto idee piuttosto fumose circa i processi elettorali e le ideologie fondamentali dietro a ogni schieramento politico. Quest’anno, pertanto, ho deciso di aiutarla nella scelta della fazione e del candidato adeguati, prima fornendole una panoramica generale delle tendenze politiche dal dopo-Giolitti a oggi e poi, rendendomi conto dell’ errore commesso, adottando un approccio strettamente inquisitivo e a maggior tasso di interattivitá. Sono certo che il lettore16 vivrá insieme a me un momento di chiarissima sorpresa a sentire che la risposta alla mia interrogazione maieutica Ma insomma Juri, esiste in Giappone un partito comunista o no? é stata, dopo frenetici momenti di ricerca sull’Internet, un netto e chiarissimo , e sono altrettanto certo che il lettore esploderá di gioia, cosí come lo sono esploso io17, nel sapere che questo piccolo, caro, illuministico partito del due percento quando tira vento ha oggi tra le proprie fila una nuova elettrice, che dopo aver letto il programma, i resoconti delle iniziative, e le pubblicazioni dei sondaggi del medesimo ha dichiarato che, semplicemente, non esiste altra opzione ragionevole per l’individuo di coscienza in Giappone.


1: Quello delle mie scorregge, circa trenta-trentacinque chilometri orari. Per ancora non avesse inteso l'antifona, in Giappone si guida piano e con cautela, bene attenti a non turbare la quiete pubblica e l'equilibrio dei vecchini.
2: La miseria.
3: Che per chi lo avesse dimenticato ha anche militato nella Fiorentina, collezionando la bellezza di sei reti in 26 presenze, delle quali forse 3 da titolare.
4: Grande catena indigena di centri commerciali.
5: Tradotto.
6: Delle canne girate a bandiera.
7: O almeno questo é quello che mi sento di dire di fronte al giudizio del grande pubblico.
9: Intelligenti pauca.
10: Per i piú ignoranti dei lettori da casa, l’estero.
11: E magari anche tatuati, quei porci cardiopatici ignoranti ladri cani.
12: Non le piace perdere tempo: come quando mi vede rilassarmi un attimo e spaziare nelle metafisiche del concetto e mi dice oh, ma allora? Il caffé si macina da solo?.
13: Nonnino. Non per una questione di maturitá intellettuale, come inizialmente immaginavo, ma per quel discorso molto piú semplice secondo il quale i vecchi sono anche immancabilmente rincoglioniti.
14: Il lettore acuto (senza nulla levare all’altro lettore, che comunque in qualche modo se la cava e mangia anche lui) converrá senz’altro con me quando dico che siamo ancora troppi e questo virus non ha mantenuto le promesse iniziali, per cui l’unica speranza é che qualcuno arrivi, si rimbocchi le maniche, e si dia da fare come i grandi del secolo passato, e io mi auguro che il Caro leader possa essere questo qualcuno.
15: Non me ne voglia, ognuno sa quel che sa.
16: Ho come idea di poter iniziare a parlare al singolare senza schiantarmi contro grossi margini di errore, ormai anche quello meno sveglio lo abbiamo perso per strada.
17: Ma si dice cosí? Non credo mica, ma insomma, siccome qui é tutto a sbafo ci vorrá pur qualcosa di inadeguato, come il battuto nella pera battuta, che vada a giustificare questa gratuititá (appunto).