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Antonio Gramsci, grandissimo nel pensiero ma anche nelle sopracciglia

Parlavo proprio ieri in seduta intercontinentale con un carissimo compagno di come da un anno1 a questa parte il mio sano e radicato disprezzo per l'ideologia dominante dei nostri tempi2 si sia fatto più chiaro e distinto del solito, dunque di come l'idea di condividere la realtà con questo universo di ritardati a catena incapaci di sopravvivere più di trenta secondi senza comprare qualcosa o prendere le difese dei propri aguzzini mi renda estremamente felice del prolungarsi della pandemia e delle misure di isolamento che questa comporta.

Nel corso della nostra pacatissima discussione, non del tutto negativa e costantemente guidata dalla luce universale del faro della speranza3, la nostra attenzione è caduta su due temi fondamentali:

  • La totale assenza di strutture di riferimento, quale fu ad esempio per i nostri antenati il partito comunista4 col suo sistema di partecipazione scalabile, che partiva dalla tessera, di fatto roba buona al massimo per i pensionati, i disabili e i comunisti ricchi, fino ad arrivare alle azioni di sommossa e ai sabotaggi, che se mi permettete di dire sono roba di tutta un'altra categoria.

  • La vanità di affrontare il discorso5 intorno alla follia del mondo e all'insostenibilità del modo in cui lo abitiamo senza essere bollati come degli antisociali, dei rompicoglioni e insomma delle merde.

Per questo motivo credo che sia di importanza fondamentale operare i dovuti distinguo, spolverare gli scaffali della conoscenza e ricordare all'umanità che il superamento del presente non prende il via dalle tiepide iniziative pseudo-socialiste dei movimenti sociali moderni, con le loro campagne di marketing segnate dal devastante supporto delle grandi aziende multinazionali, bensì dalle fissioni atomiche originate nelle miniere d'uranio della storia del pensiero e dai rivoli di fiamma che sgorgano ogni volta che muore un martire per la rivoluzione. Tra questi eroi senza paura e queste bombe radioattive, nemmeno a farlo apposta, troviamo potentissimo ancora oggi il magnifico Antonioooooooooooooooooooooooooo

GRAMSCIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

alla entrata in scena del quale voi del pubblico sugli spalti dovreste immaginarvi una musica e delle esultanze veramente fuori luogo, della stessa specie di quando presentarono Mario Gomez ai tifosi della Fiorentina.

Origini e capigliatura albanesi del Toni
  • XVI-XVII sec: A causa di alcune anti-tendenze post-rinascimentali disgraziatamente sfociate in quello che oggi potremmo definire un generale apprezzamento del brutto naturale, gli abitanti della attuale prefettura di Elbasan in Albania decidono di portare avanti un esperimento di eugenetica volto al rafforzamento della peluria sopraciliare culminato nel leggendario monociglio di Gennaro Gramsci, proprietario terriero originario della città di Gramsh6 e trisavolo del nostro bell'Antonio.

  • 1891: Sbrigate le dovute premesse genealogiche, eccoci che andiamo al sodo: Antonio Gramsci nasce ad Ales, comune sardo e con una piazza triangolare intitolata proprio al Nostro, progettata tra l'altro dallo scultore Giò Pomodoro, che mi sento di citare in questa sede per via della particolarità del suo cognome, che mi ricorda la collezione di cassette porno di Kamala e quel film con Moana Pozzi, Miss Pomodoro e l'uomo con la cappella più larga dell'asta di almeno un dito che non so perché veniva citato dal Kamala medesimo e dai suoi amici veramente ogni tre per due.

  • 1893: A due anni Ensoni7 si ammala di tubercolosi ossea, malattia che gli guasta la colonna vertebrale e gli impedisce in età adulta di superare il metro e mezzo d'altezza8, mentre a quattro è preda di emorragie e convulsioni tali da convincere la madre a comprare una bara e a preparargli il funerale: ma Toni è un Maradona del pensiero, dribbla la morte senza sciallo e alla carrozza coi cavalli del becchino risponde al grido di ticoddiri9, riavendosi.

La scuola con le pezze al culo
  • 1898-1911: Studente lavoratore già alle elementari, il Gramsci inizia la sua carriera scolastica in ritardo di un anno; alle elementari dorme sul banco; al ginnasio studia con professori di terza categoria; al liceo sembra non poter superare i minimi sindacali della sufficienza nonostante il senso di pena provato dagli insegnanti, che lo chiamano Tonino e gli danno le bottarelle sul capo come Benny Hill al vecchino di Benny Hill; e pure, a diciannove anni scrive che i privilegi e le differenze sociali, essendo prodotto della società e non della natura, possono essere sorpassate, indicando alla curva ancora giovanissimo le proprie intenzioni, riassumibili per il popolo refrattario al concetto nel modulo del 4-3-3 e nell'impostazione calcistica della scuola cecoslovacca di Zeman.

  • 1911-1915: Toni parte per Torino, e da bravo immigrato meridionale e senza una lira patisce parecchio sia la fame che il freddo: io, al pensiero di certe stanzine senza riscaldamento del Nord benestante, non posso fare a meno di ricordare l'avaro infame ipocrita e ladro che mi affittava camera a Berlino, con le sue fisime sul riscaldamento e la corrente, e augurare a tutti i proprietari di casa che fanno la lesina sulle prime necessità degli inquilini tutte le pene e i turbamenti che generalmente vengono attribuiti ai residenti dell'inferno dei morti a testa in giù di carpenteriana memoria.

In ogni caso il Gramsci non é me, che mi lascio distrarre ogni poco, anzi: lui non si fa contenere, partecipa alle attività di partito, si infervora, scrive, organizza, e spesso e con piacere fa la cianchetta a Togliatti, che di persona era noiosissimo e sicuramente se lo meritava, quando escono dal bar.

Lavorini e robe del genere
  • 1916-1928: Succedono diverse cose: Toni continua a lavorare, ma dedicandosi a cose meno dispendiose a livello calorico rispetto allo schiavismo, come ad esempio la critica teatrale e il giornalismo, approfondendo nel tempo libero importanti nuclei teorici del pensiero marxista e comunista, e raffinando nelle sedute alla tualèt il concetto di egemonia. Si sposa pure, e per di più con una bella e giovane russa, senza bisogno di corromperla con le calze di nylon o le penne stilografiche, bensì affidandosi unicamente alle virtù anagogiche della propria nerchia, capace di indicare in chi vi si attaccasse con sentimento ideali profondi come quello della fratellanza universale, dell'unione mistica col tutto e della realizzazione su questa terra della dittatura del proletariato.

Il gabbio
  • 1928-1937: Mentre la gente applaudiva il Duce e gli intellettuali di sistema si ammazzavano dal ridere mentre Gentile faceva le scorregge con la mano sotto l'ascella, il povero Toni, malato come sempre, veniva cacciato in una cella umida e infame al fine di farlo rimuginare un po' sul proprio ardimento e sulle proprie idee, che secondo certi suoi viscidissimi contemporanei altro non erano che pericolose, sbagliatissime e infingarde minacce per la buona riuscita della società10.

Ma Toni che fa, si abbatte? Chiede alla morosa di pagargli la cauzione come nei film americani? Ma la minchia sai: non fa una piega, e inizia a scrivere e pensare, pensare e scrivere sul suo sgabellino da seconda elementare e con la penna fatta di cioccolato. E scrive DINAMITE PORCAMADONNA, DINAMITE!!!!!!!!!!

E tutto questo perché Gramsci, al di là dei limiti che ogni pensatore politico si condanna ad avere in virtù del proprio essere partigiano, era un uomo grandissimo, infinito, e ciò nonostante legato a doppio filo alla realtà, un uomo pessimista nell'intelletto e ottimista nella volontà, al contempo capace di riconoscere con grandissima lucidità i limiti di quest'ultima e della propria contingenza individuale. E io allora, tra leggere anche soltanto la pagina di Wikipedia su Gramsci e andare a discutere del più e del meno con della gente che mette i like alle pagine della Meloni e del Giornale11 , che sbaglia la punteggiatura12 negli SMS, che insomma realizza con la propria esistenza la variante economica del debito d'ossigeno, ecco voi dite che io a questi riassunti tutto sommato e almeno da un punto di vista funzionale di qualità anche se scritti in un italiano da marcetta che nemmeno ai tempi di Giolitti dovrei preferire la seconda alternativa? Ma avete perso i'capo, avete perso.

Lo scoppio
  • 1938: Da bravo candelotto di dinamite dello spirito che altro non era, il Little Toni tira la calza col gran botto di una emorragia cerebrale, ma in silenzio e senza dar noia a nessuno, mentre il Duce rumorosissimo, che tanti oggi vorrebero vedere risorto sotto forma di un sagomato di Salvini ma senza la buzza dei tortellini al ragù13, macellava le orecchie degli italiani col suo lessico da fumatore di crack e la sua mascella quadrata da stronzo, fascio, rompicoglioni e merda. E anche per oggi siamo a posto così.


1: Forse due eh: non ho a portata di mano la clessidra.
2: La riuscitissima fusione tra fascismo psicotico e psicosi consumista.
3: Che questo sistema crolli, che tutto vada in merda e che qualcuno ci suoni a casa alle cinque del mattino chiedendoci di unirci all'esercito della rivolta.
4: Ma basterebbe insomma la Magnottiana iscrizione ai terroristi.
5: Non che abbia voglia di mettermi a parlare con chicchessia, anche perché come citava il compagno di cui sopra è gente alla quale è più facile metterlo in culo che in testa.
6: I Gramsci furono talmente innovativi da dare a una città il nome di uno dei massimi esponenti della dottrina comunista secoli prima che questi diventasse tale e che questa pratica divenisse di uso comune nelle amministrazioni del colosso sovietico, con le sue Stalingrad, Leningrad e Tolyatti.
7: Alla giapponese, visto che ci siamo.
8: Lo dice Wikipedia.
9: Questa purtroppo possono capirla in pochi.
10: Fascista. Pensavo in questi giorni che è proprio fondamentale in uno scritto di qualità mettere ALMENO una nota a piè di pagina che dica, appunto "fascista", perché se c'é una cosa che fa perdere la bambola immediatamente a tutti i fascisti che conosco è proprio la parola fascisti (o fascista).
11: E sono generoso.
12: SI, SI, LA SBAGLIO ANCHE IO, MA APPOSTA.
13: Brutta madonna che schifo.