La signorina K ha ventott'anni, proprio come Monica Bellucci quando aveva ventott'anni. Una volta ha avuto ventotto anni anche Jimi Hendrix, e nel 1752 si è potuto dire lo stesso di Emanuele Kant. Ogni volta che la guardo, però, la signorina K non mi ricorda nessuno di questi tre importanti personaggi della storia moderna e contemporanea: quando vedo le sue gote paffute e incipriate, il mio pensiero corre piuttosto al nipote idrofobo di Goebbels o alla zia sotto sale di Moira Orfei fotografati il giorno prima della gita col bus alle terme di Saturnia, e ciò a dispetto del fatto che questi, probabilmente, non sono mai neppure esistiti. Se la signorina K avesse avuto ventott'anni come Harvey Keitel, ad esempio, tutto sarebbe stato molto più semplice. Avrei potuto dirvi ragazze la signorina K ha ventott'anni come Maurizio Costanzo : e tutti avreste capito subito. Io avrei salvato questo documento, avrei chiuso la cover del mio laptop, e salutando la curva sarei potuto andare a stendermi da qualche parte a fare un pisolino. Voi, da parte vostra, avreste pensato ah! Maurizio Costanzo! Ho capito La Sfrocchia! Come se fosse di Dino Erre Collofit (eccetera)! Purtroppo però quando incontro la signorina K penso a Maria De Filippi quando ancora era un aborto e veniva risucchiata nello spazio attraverso un buco nel lunotto posteriore della Nostromo: ma Maria De Filippi è viva e lotta con noi, e il mio tentativo di comunicare in maniera chiara e obiettiva i miei pensieri e le mie impressioni fallisce da capo e di nuovo.
La signorina K ha ventott'anni, e sei di questi anni li ha passati in Australia – a Sidney1 – al fine di perfezionare la propria padronanza della lingua inglese. Il problema, però, è che nell'Australia della signorina K la lingua più diffusa è il dialetto ladino, mentre l'inglese viene utilizzato esclusivamente in situazioni di emergenza e avendo come riferimento linguistico principale il dizionario Inglese- Danese dei Monty Python: il piano di perfezionamento di cui sopra sembra pertanto avere incontrato qualche intoppo operativo di natura non trascurabile. Un excerptus2 fonetico tratto da una lezione di questa mattina – avente per oggetto lettere maiuscole e minuscole nell'alfabeto romano – potrà aiutare il lettore a quantificare la deviazione dell'inglese della signorina K dalle sue versioni più diffuse nei due emisferi del pianeta.
UE' IS TE BIG LETTAS? (lo scrivo in un paragrafo a se' per una questione di rispetto dell'ambiente e perché qualcuno, intuendo il significato di queste poche lettere, potrebbe fare la spia e riportare la mia mancanza di tatto al comitato cittadino per l'educazione per cui meglio levarlo dal contesto ).
A questa domanda avrei voluto rispondere:
IN ZE BAUNTIFUIL FIILDS OV MAITY GIAPAN3
ma a causa di certe direttive dell'azienda per la quale lavoro non mi è stato possibile, e ho dovuto rinforzare la risposta degli studenti unendomi al loro coro
sciiiiiiiii, izz' sciiiiiii4
cercando con lo sguardo il punto preciso nel cielo dal quale mi auguro un giorno possa aprirsi la bocca degli inferi risucchiando questo paese nelle proprie viscere riformatrici.
La signorina K ha ventott'anni e quando si presenta agli studenti dice che avendo vissuto a Sidney5 è una fan degli AC/DC, dei koala e del sushi australiano6 . Dal momento che gli studenti giapponesi – notoriamente in difficoltà con le lingue straniere – non capiscono una parola del dialetto fenicio della signorina K, questa si aiuta nella sua spiegazione con delle fotocopie illustrative in A3 che conserva arrotolate in dei tubi da pergamene e che tendono ogni volta a riarrotolarsi nonostante il suo gran ganbaru nel tenerle spiegate reggendone le estremità con le mani, i gomiti e il mento. A volte immagino di chiederle se preferisce gli AC/DC di Big Balls o quelli di Highway to Hell, ma per le stesse ragioni contrattuali di cui sopra generalmente resisto e mi metto a pensare alla posizione migliore da assumere alla guida per assicurarsi le migliori possibilità di morte istantanea in caso di incidente.
La signorina K ha ventott'anni, lavora con me una volta alla settimana e ogni mattina che ci vediamo sa che quel giorno è un giovedì. Secondo la routine che lei stessa ha stabilito nei suoi lesson plan andrà ogni volta a chiedere agli studenti delle quarte, quinte e seste classi di questa scuola elementare che giorno è e che tempo fa, incartandosi puntualmente alla prima sillaba di Thursday e patteggiando col tribunale di Norinberga fino all'accettazione per sfinimento di un dolorosissimo Turd-day – o giorno degli stronzi – solo per accorgersi l'istante seguente di aver portato con sé soltanto le flashcard per rainy e snowy mentre fuori è quasi luglio e il termometro segna trentanove gradi. Io nel mentre penso che con queste temperature morire d'infarto non è proprio impossibile, e confortato da questa fantasia sorrido a Mori-kun, un bambino grassottello di undici anni che mi guarda come a dire: davvero?
La signorina K ha ventott'anni e mi ricorda che a ventott'anni ho conosciuto mia moglie: questo avveniva in un periodo nel quale, credendomi stanco dei party fino alle nove del mattino e del comfort berlinese, ho iniziato ad appassionarmi allo studio dei caratteri cinesi. Oggi mi ritrovo invece ad avere a che fare con il carattere della signorina K, che annuisce a tutto quello che le dico, e in special modo alle domande a risposta aperta. Ogni volta che dopo uno scambio sulla falsariga di
Signorina K, preferisce che questa attività venga svolta dagli studenti in coppie oppure in gruppi?
UH-UH (e annuisce col capino)
Signorina K, UH-UH non è una risposta sensata alla mia domanda: le sto chiedendo se preferisce le coppie o i gruppi
sì oppure perché non facciamo un'altra cosa?
e io penso che sarebbe davvero meglio fare qualcosaltro, ad esempio andare nell'aula di scienze applicate e fare degli esperimenti con l'acido nitrico e l'anidride solforosa.
La signorina K ha ventott'anni, quindi è nata nel millenovecentonovanta. Io nel millenovecentonovanta iniziavo a frequentare le scuole dell'obbligo, dove ho appreso i primi rudimenti di discipline fondamentali per la vita esclusa quali l'odio per il prossimo e la voglia di solitudine. Oggi mi trovo invece a condividere mezza scrivania vista muro con la signorina K in una scuola di campagna, e devo riconoscere come nonostante i sorprendenti progressi della tecnologia e delle scienze dell'informazione gli insegnamenti impartiti nelle scuole dell'obbligo rimangano di fatto i medesimi di quando ero un giovinetto magro, timido e occhialuto. Anche il personale di queste strutture rimane di fatto più o meno lo stesso: ignorante, impreparato e frustrato dalla vanità della propria posizione. Come ogni mattina la signorina K posa le sue creme per le mani, le sue pile di fotocopie e i suoi libri inutili nella mia porzione di tavolino, poi procede a sedersi alla sua scrivania vera e propria: quella che condivide con me è solo una scrivania d'immagine da utilizzare al palesarsi dell'ispettorato del lavoro per mostrare che non c'è discriminazione tra il personale indigeno e quello straniero. Passato qualche minuto cercando di scompigliare la bonaccia che le tira nel cervello inizia a disegnare dei sorrisoni e dei fiorellini sulle schede di autovalutazione degli studenti, mentre io cerco di calcolare quale sia la grammatura d'eroina necessaria e sufficiente a freddare un uomo di novanta chili in maniera – se mi è permesso – tutto sommato piacevole.
La signorina K ha ventott'anni, eppure ha iniziato a lavorare l'anno scorso. A quanto pare – probabilmente per mettersi in pari con il tempo perduto – passa giornate lunghissime a scuola: dalle sette del mattino alle dieci di sera sei giorni su sette. Io credo che non ce ne sia assolutamente il bisogno, ma se lo chiedete a lei pare che questo sgobbare eccezionale sia inevitabile e che i suoi sforzi meritino rispetto a priori, indipendentemente dai risultati che producono. La sua esistenza mi ha permesso di capire l'importanza di avere un reddito di cittadinanza anche qui in Giappone: tenere lontane dal mondo del lavoro i più nocivi degli imbecilli impedendo al contempo che la loro esclusione dalle leve mondiali della produzione dia loro la parvenza di un motivo buono a giustificare il loro continuo, logorante lamentìo quotidiano. La voce della signorina K è il suono della natura che maledice se stessa: la sua melodia sembra esser nata per non lasciarmi in pace, e mi tormenta da capo ogni volta che decido di ritirarmi nei luoghi più lontani della fantasia, dove il mondo è un letto caldissimo e a portarmi la sveglia è un attacco di cuore quasi impercettibile.
La signorina K ha ventott'anni, sei meno di me. Secondo le statistiche relative alla mortalità in Giappone la aspettano ancora cinquantatre-cinquantaquattro anni di affanni e tribolazioni prima del saluto alla curva. Io credo che si tratti di una cifra assolutamente sproporzionata alle reali necessità del mondo, e mi auguro che ci faccia il piacere di essere investita da un treno shinkansen carico di merda e solventi industriali prima di questo insondabile duemila e settantatre, anche perché il pensiero di morire in un mondo nel quale la signorina K continua a vivere mi guasta tutte le gioie di un fantastico trapasso.
La signorina K ha ventott'anni, e il pensiero delle materie prime sprecate per portarla fino a qui mi fa sembrare i terawatt di elettricità trasformata in bitcoin dalle mining farm cinesi un'opera di bene nei confronti nel pianeta. Quando penso alla signorina K che mangia una braciola di maiale o che mastica indaffarata le cartilagini di un pollo allevato apposta per lei capisco appieno e finalmente la rabbia dei movimenti vegani, che contro certe atrocità vorrebbero proibire il consumo a fini alimentari della carne e dei prodotti animali. Quello che però sono i vegani a non capire è che il problema della carne è un problema tutto cristiano, una frottola religiosa da creduloni babbasoni: il dramma che si consuma di fronte ai nostri occhi è di natura più sottile, si svolge su di un piano strettamente molecolare, e le proibizioni che dovremmo applicare andrebbero rivolte alla radice del problema: a quegli atomi d'azoto, di carbonio, d'idrogeno e di ossigeno che ingiustamente vengono ingeriti e assimilati da quella parte sostanziale del genere umano che al contrario dovrebbe esperirli unicamente nel ribaltamento gerarchico della piramide alimentare, in chiave missilistica insomma, nella loro forma genuinamente esplosiva, devastante e radioattiva7.